Radici Cristiane

Io sono il Pastore bello


Gesù Buon Pastore,
catacombe di San Callisto - Roma, III sec. d.C.
 

di Francesco Domina©


    Una delle immagini più antiche che raffigura Gesù come il Buon Pastore si trova nelle catacombe di San Callisto a Roma e fu probabilmente dipinta intorno al III secolo d.C.

"Io sono il Pastore bello..."

- Ego eimi o poimen o kalos - Έγώ είμι ó ποιμήν ó καλóς -. (Gv 10,11)

 Il termine, l'aggettivo greco utilizzato nella pericope giovannea per indicare il Pastore è kalos (kalos=bello), anche se di solito si traduce con Buon Pastore, in greco agazòs (agaqos=buono). 
L'aggettivo "bello", usato spesso come sinonimo di "buono", vuole indicare che Gesù non è solo un pastore buono, ma che è un pastore giusto, affidabile, la sua è anche una bellezza interiore.

Gesù è bello perché dona la propria vita per i suoi amici, ma anche per tutti gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo. Egli, in questo brano, utilizza il termine "Io sono", il nome stesso di Dio per indicare che "Dio è il Buon Pastore".Gesù è il pastore bello perché "conosce le sue pecore". Se conosciamo la sua persona, se comprendiamo bene la sua figura veniamo introdotti all'interno dell'amore trinitario.

"Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore".
(Gv 10,14-16)

SAN GIORGIO
martire

275 c. Cappadocia -23 aprile 303 d.C. Lydda (Palestina)

 memoria 23 aprile 
 

San Giorgio che uccide il drago


di Francesco Domina©


La figura di San Giorgio, tra realtà e leggenda, ha sempre affascinato tanti personaggi della storia: Cavalieri, Santi, Uomini e Donne comuni.

San Giorgio incarna e simboleggia l'eterna lotta tra il bene e il male.


Per approfondire:


SAN GERLANDO
Vescovo di Agrigento

25 febbraio  1100 d.C.


a cura di Francesco Domina
Statua di San Gerlando, Cattedrale di Agrigento

"Gerlando di Agrigento (Besançon, 1030 / 1040 - Girgenti, 25 febbraio 1100) fu vescovo di Agrigento; è venerato come santo patrono delle città di Agrigento e di Porto Empedocle.
Gerlando, di origini franco-normanne, fu nominato vescovo di Agrigento nel 1088. Resse la sede vescovile di Agrigento fino alla morte.

San Gerlando è venerato come santo dalla Chiesa cattolica dal 1159. Patrono della città di Agrigento, è festeggiato il 25 febbraio.

Le sue reliquie sono conservate nella cattedrale di Agrigento, in un'urna d'argento di pregevole fattura".
(Wikipedia.org)

 

© lettoriescrittori.it
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Ho scattato queste foto durante una mia visita alla bellissima citta' di Agrigento e alla sua Cattedrale.

 


SANT'AGATA
Vergine e Martire catanese

5 febbraio 251 d.C.


a cura di Francesco Domina

Ambrogio da Fossano detto Bergognone, particolare cimasa del Polittico di San Bartolomeo, Bergamo, Accademia Carrara.
 

     Memoria di S. Agata, vergine e martire, che a Catania, in Sicilia, ancora giovane, durante l'infuriare della persecuzione, nell'anno 251, conservò nel martirio la purezza del corpo e l'integrità della fede, offrendo la propria testimonianza per Cristo Signore.   (Martirologio)

             

                                                                                                                             

Il martirio di Sant'Agata


     Agata aveva circa quindici anni quando volle consacrarsi a Dio. Il Vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano ebbe l'occasione di vederla, se ne invaghì e ordinò che la portassero al Palazzo pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato e allora l'uomo, furioso, organizzò un processo contro di lei. Interrogata e torturata Agata restava salda nella sua fede, ma Quinziano al colmo del furore le fece anche strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. La giovane, dopo una visione, fu guarita. Fu ordinato allora che venisse bruciata, ma un forte terremoto evitò l'esecuzione.

     Il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella dove morì qualche ora dopo. Prima di morire recitò a Dio la sua preghiera: " Signore che hai tolto da me l'amore del mondo, hai preservato il mio corpo dalla contaminazione , mi hai fatto vincere i tormenti del carnefice, il ferro, il fuoco e le catene, mi hai donato tra i tormenti la virtù della pazienza; ti prego di accogliere ora il mio Spirito: perché è già tempo che io lasci questo mondo e giunga alla tua misericordia". Era il 5 febbraio 251.     

 

Sant'Agata nel cuore dei catanesi

Busto di Sant'Agata venerato a Catania

 

La festa in onore di Sant'Agata viene celebrata a Catania dal 3 al 5 febbraio.

Il primo giorno vi è la processione per l'offerta della cera, in passato tali ceri servivano per illuminare l'altare della cattedrale. Oggi tale processione venne sostituita dalle "candelore" cioè degli enormi carri illuminati (che in passato erano 28, oggi sono 13) e ognuno dei quali  rappresenta un mestiere. Ogni carro viene chiamato cereo. Il primo giorno si conclude con i fuochi d'artificio.

Il secondo giorno, a partire dalle tre di notte, viene esposto il prezioso busto di Sant'Agata in modo che i devoti possano visitarlo, in attesa della messa dell'aurora e della processione. Durante la questa processione vengono gettati sul fercolo dei garofani rossi che rappresentano il sangue di Agata. 

Alle prime luci dell'alba Sant'Agata ritorna in cattedrale e viene omaggiata con i fuochi d'artificio. La processione attraversa le vie periferiche della città.

Il 5 febbraio si ricorda la data del martirio. Le reliquie, in questa circostanza, vengono ricoperte di garofani bianchi, i quali rappresentano la purezza di Agata. Dopo il tramonto, verso le ore 17:00, prende il via la processione, che questa volta attraversa il centro della città, passando per via Etnea e per altre vie del centro. La festa si conclude la mattina presto del 6 febbraio con il ritorno in cattedrale del busto di Sant'Agata e lo spettacolo pirotecnico.

Dolci tipici della festa sono le cosiddette "cassateddi di Sant'Aita".

Tale festa viene ripetuta in forma ridotta il 17 agosto, che ricorda il giorno in cui nel 1126 le spoglie di Sant'Agata sono state riportate a Catania da due soldati provenienti da Costantinopoli. 

RIFERIMENTI:

lIL MARTIRIO DI AGATA -Dramma Sacro -Piero Sapienza -Ed. Prospettive -Catania

lS. AGATA, BREVE STORIA-A cura di Don Piero Sapienza-www.parrocchiadellaguardia.it

lAGATA SPLENDIDISSIMA -Domenico Gagliani -Ed. Capitolo della Cattedrale -Catania

lS. AGATA E IL SUO CULTO -Mons. Salvatore Romeo -Ed. N. Giannotta -Catania 1922

lIl martirio di sant'Agata e le radici cristiane della Sicilia -Libera per nascita, serva per scelta -di Umberto Utro, Responsabile del reparto di arte paleocristiana dei Musei Vaticani

lS. Agata da Catania-Gaetano Zito, ©2004 Editrice Velar, Gorle (Bg)

lAGATA la santa di Catania -Vittorio Peri -Editrice Velar, Gorle (Bg)

lGIOVANNI PAOLO II IN VISITA PASTORALE A CATANIA 4-5 NOVEMBRE 1994 -EAC

lC.E.I., Martirologio Romano -Libreria Editrice Vaticana

lIL TESORO DI SANT'AGATA -Edizioni Arcidiocesi Catania

lSITO WEB Catania Cultura -L'angelica tavoletta -Sandro Torrisi

lSITO WEB Comune di Catania -La Chiesa di S. AGATA a Cremonaonti



Sant'Antonio abate
    17 gennaio

     "Scritta nel IV secolo da Atanasio, la Vita di Antonio è un best seller della letteratura Cristiana, presente in centinaia di codici nelle biblioteche di tutto il mondo. Di Antonio, "il padre dei monaci", conosciamo l'infanzia e la giovinezza, le notti trascorse vegliando e pregando, la predicazione, la fuga verso il deserto, i miracoli compiuti in nome di Dio, le battaglie contro i filosofi e gli eretici; conosciamo infine, la dolcissima morte nel cuore del deserto, da dove i suoi occhi contemplano per l'ultima volta il Sinai.

In pochi racconti della letteratura universale troviamo tanta semplicità, tanta tensione drammatica, tanta ingenuità, unite a una sottile sapienza intellettuale, che continuano ad affascinare, oggi come sedici secoli fa, un grandissimo pubblico. Completano la nostra conoscenza di questo padre del deserto i trentotto detti e le sette lettere sicuramente autentiche". (Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio - Antonio abate, Detti - Lettere, ed. Paoline)
 
     Nella ricorrenza della festa di Sant'Antonio Abate l'egiziano, il diciassette gennaio, vogliamo presentare ai nostri lettori, ogni giorno, uno dei suoi detti, pieni di sapienza e utili per una piccola riflessione.
Detti di S. Antonio Abate
1. Un giorno il santo abba Antonio, mentre dimorava nel deserto, fu preso da scoraggiamento e da grande tenebra nei pensieri. E diceva a Dio: «Signore, voglio essere salvato, ma i pensieri me lo impediscono. Che potrò fare nella mia afflizione? Come posso essere salvato?». Sporgendosi un poco, Antonio vede un altro come lui, che sta seduto e lavora, poi si alza dal lavoro e prega, poi, di nuovo si siede e intreccia la corda, poi, di nuovo, si alza per pregare. Era un angelo del Signore inviato a correggere Antonio e a rassicurarlo. E udì l'angelo che diceva: «Fa' così e sarai salvo». Come udì queste parole, fu preso da grande gioia e coraggio, così fece e si salvò.

2. Abba Antonio, scrutando l'abisso dei giudizi di Dio, chiese: «Signore, come mai alcuni muoiono in giovane età, altri vecchissimi? E perché alcuni sono poveri e altri sono ricchi? E come mai degli ingiusti sono ricchi e dei giusti sono in miseria?». E giunse a lui una voce che disse: «Antonio, bada a te stesso. Questi giudizi spettano a Dio e non guadagni nulla a saperli». 

3.
Un tale interrogò abba Antonio. Gli disse: «Che cosa devo fare per piacere a Dio?». L'Anziano gli rispose: «Fa' quello che io ti ordino: dovunque tu vada, tieni sempre Dio davanti ai tuoi occhi e qualunque cosa tu faccia, appoggiati sempre sulla testimonianza delle sante Scritture; in qualsiasi posto abiti, non andartene presto. Osserva questi tre precetti e sarai salvo». 

4. Disse abba Antonio ad abba Poemen: «Questa è la grande fatica dell'uomo: gettare su di sé il proprio peccato davanti a Dio e aspettarsi la tentazione fino all'ultimo respiro». 

 5. Disse ancora: «Nessuno, se non avrà provato la tentazione, potrà entrare nel Regno dei cieli, poiché, disse, togli le tentazioni e nessuno si salverà». 

6. Abba Pambo chiese ad abba Antonio: «Che debbo fare?». Gli disse l'Anziano: «Non confidare nella tua giustizia, non preoccuparti delle cose che passano, domina la lingua e il ventre». 

7. Disse abba Antonio: «Vidi tutte le reti del Nemico stese sulla terra e gemendo dissi: «Chi potrà sfuggire?». E udii una voce che mi disse: «L'umiltà». 

8. Disse ancora: «Alcuni rovinano il loro corpo con l'ascesi, ma poiché mancano di discernimento si allontanano da Dio». 

9. Disse ancora: «Dal prossimo ci vengono la vita e la morte. Perché se guadagniamo il fratello, guadagniamo Dio, ma se scandalizziamo il fratello, pecchiamo contro Cristo».

13. Nel deserto vi era un tale che cacciava belve feroci e vide abba Antonio che scherzava con i fratelli. L'Anziano voleva fargli capire che bisogna, a volte, accondiscendere ai fratelli e gli disse: «Metti una freccia nel tuo arco e tendilo». Quello così fece. Gli disse: «Tendilo ancora» e quello lo tese. Gli disse di nuovo: «Tendilo». Gli disse il cacciatore: «Se lo tendo troppo, l'arco si spezza». Gli disse l'Anziano: «Così avviene anche nell'opera di Dio. Se con i fratelli tendiamo l'arco oltre misura, si spezzano presto. Occorre, dunque, di tanto in tanto, accondiscendere ai fratelli». A queste parole il cacciatore fu preso da compunzione e se ne andò molto edificato dall'Anziano. E anche i fratelli ritornarono nelle loro dimore fortificati. 

 32. Disse abba Antonio: "Io ormai non temo più Dio, ma lo amo perché l'amore scaccia il timore"

11. Disse ancora: "Chi dimora nel deserto e cerca la pace è liberato da tre guerre: quella dell'udito, della lingua e degli occhi. Gliene resta una sola: quella del cuore.

 35. Disse abba Antonio: "Chi batte un pezzo di ferro, prima pensa a quello che ne vuol fare: se una falce, una spada o una scure. Così anche noi dobbiamo pensare a quale virtù vogliamo acquistare per non faticare inutilmente".

27. Tre padri avevano l'abitudine di recarsi ogni anno dal beato Antonio.  Due di loro lo interrogavano sui pensieri e sulla salvezza dell'anima; uno, invece, taceva sempre e non chiedeva nulla. Dopo molto tempo abba Antonio gli disse: Da tanto tempo vieni qui e non mi chiedi niente! E quello gli rispose: Mi basta vederti, padre!".