San Domenico e l’Ordine Domenicano nelle parole di Padre Daniele Aucone, O.P.

07.05.2022

Nel XII secolo assistiamo all'interno della Chiesa ad un rifiorire e ad una riproposizione di una Comunità Cristiana che viva la povertà evangelica delle origini. E' proprio in questo periodo che nascono due grandi personaggi che riusciranno a cambiare la vita della Chiesa ad intra fondando due ordini religiosi, chiamati mendicanti: San Francesco d'Assisi e Domenico di Guzman.

Papa Innocenzo III riconobbe questi ordini e sottolineò come queste due spiritualità potessero cambiare la Chiesa in meglio.

Domenico di Guzman (Caleruega, 1170 - Bologna, 6 agosto 1221) e l'Ordine dei Predicatori, da lui fondato, hanno diffuso nel mondo intero un segno tangibile di alta Spiritualità e Cultura. Abbiamo chiesto a Padre Daniele Aucone*, docente di Teologia presso l'Angelicum e la LUMSA, di introdurci in questo grande mistero.

Padre Daniele Aucone (al centro), insieme ai confratelli domenicani della Provincia Romana di S. Caterina da Siena



di Francesco Domina©

Insegnante e Scrittore

Si occupa di Teologia, Religioni, Letteratura, Tecnologia...

Agiografia (lo studio della vita, del culto e delle opere dei Santi)

Proprietà letteraria riservata:

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INTERVISTA


Gent.mo Padre Aucone,

la redazione di lettoriescritttori.it la ringrazia di cuore per aver accettato di rispondere alle domande di questa intervista. La tematica che le abbiamo proposto è per lei molto familiare e la sua competenza in questo campo può aiutare i nostri lettori e noi tutti a conoscere meglio la grande figura di Domenico di Guzman e dell'Ordine da lui fondato.

Vi sono state persone, Uomini e Donne, che hanno cambiato il corso della storia solo attraverso la loro parola e il loro esempio.

Il primo fra tutti è stato Gesù, il Verbo di Dio incarnato che attraverso la forza creatrice della sua Parola ha risanato le innumerevoli piaghe di una umanità ferita dal peccato.

Sulla scia del maestro si è posto anche San Domenico, il fondatore dell'Ordine dei Predicatori, i Domenicani.

È proprio vero che la forza disarmante della Parola può cambiare il mondo!

Padre Aucone, chi era quest'uomo, Domenico, prima di intraprendere questa nuova avventura che lo ha portato a cambiare la sua vita?


- "E perché fosse qual era in costrutto

quinci si mosse spirito a nomarlo

del possessivo di cui era tutto"

scrive Dante a proposito di Domenico (Par XII, 69). 


     In effetti, ciò che colpisce del santo spagnolo è l'essere stato "tutto di Dio" dall'inizio al termine della sua vita, l'aver percepito una chiamata decisiva (precisatasi poi nel tempo) e l'avervi corrisposto con dedizione integrale. 

Originario di Caleruega in Castiglia, Domenico vive dapprima come canonico a Osma (Castiglia), distinguendosi già per eminente virtù e zelo apostolico. Il confronto con il catarismo, una sorta di gnosticismo medievale ostile alla logica dell'Incarnazione e della dimensione corporeo-spirituale in genere, con cui ha modo di venire in contatto nel sud della Francia durante una missione apostolica al seguito del suo vescovo Diego, fa maturare in lui la necessità di una nuova fondazione in seno alla Chiesa capace di predicare verbo et exemplo, coniugando cioè formazione spirituale e dottrinale con la dedizione apostolica, rispetto alla vita esclusivamente contemplativa e residenziale degli Ordini monastici. Un progetto che forse esisteva già nel clero tolosano (la prima comunità di frati sarà quella di S. Romano di Tolosa), ma che Domenico sa convogliare in una forma di vita stabile e strutturata, carismatica e istituzionale insieme, dando prova di rara sapienza e capacità sul piano organizzativo e relazionale

Da quel momento la sua vita si spende tra l'annuncio del Vangelo, la calorosa preghiera liturgica e personale, e la cura delle diverse comunità dell'Ordine (maschili e femminili), che fin dall'inizio intende come "unità differenziata" capace di abbracciare uomini (frati), donne (monache) e laici (terziari). Non quindi una "conversione" improvvisa (come Francesco o Agostino), ma un "sì" iniziale chiamato a rinnovarsi e assumere nuove configurazioni nei diversi momenti della sua esistenza. Una fedeltà che si esprime in tutti gli aspetti della vita cristiana e sa viverli integralmente e senza scissioni, coniugando intensità di vita spirituale e profondità del tratto umano, generosità apostolica e capacità gestionale, passione per lo studio e l'approfondimento e vicinanza agli ultimi, una sorta di "complexio oppositorum" rara e sapiente, "tenero come una mamma e forte come il diamante", nelle parole di Lacordaire.


Padre Daniele Aucone (al centro), insieme ai confratelli 


L'ordine fondato da San Domenico viene detto, insieme ai Frati Minori fondati da San Francesco d'Assisi, dei Mendicanti. Tuttavia vi sono delle caratteristiche sostanziali che differenziano questi due Ordini. Potrebbe spiegarci in che cosa consistono tali diversità?

- Una caratteristica che lega in genere gli Ordini Mendicanti (nati per la maggior parte nel XIII sec.) è quella di essere Ordini di "fratres", cioè di fare della vita fraterna vissuta comunitariamente un elemento centrale del proprio stile e della propria spiritualità. Tale vita fraterna si esprime nei diversi momenti della giornata: dalla celebrazione comune della Liturgia delle Ore (che manca in genere negli Ordini di "Chierici regolari"), alla concelebrazione eucaristica comunitaria (da noi: "messa conventuale") per arrivare ai pasti e ai momenti conviviali. Allo stesso tempo c'è una dimensione apostolica e pastorale (assente negli Ordini monastici) che fa di questo tipo di vita religiosa una "vita mista" (per utilizzare l'espressione di s. Tommaso d'Aquino), nel senso che vive di un equilibrio tra contemplazione e missione. 

Se questo è più o meno il quadro comune, ci sono poi delle differenze legate alla stessa vicenda biografica e spirituale dei Fondatori: Domenico (come già detto) era un presbitero con grandi capacità organizzative e gestionali, che comprende la necessità di un Ordine più "mobile" rispetto agli Ordini monastici, ma allo stesso tempo "attrezzato" sul piano intellettuale e spirituale a rispondere alle sfide ecclesiali del suo tempo, e ha fin dall'inizio un progetto di fondazione rispondente a queste caratteristiche. Francesco, che non era all'inizio sacerdote (diventerà diacono più tardi), dà vita anzitutto a un movimento di sequela evangelica basato principalmente sulla testimonianza, che solo attraverso passaggi successivi (e complessi) diverrà poi "Ordine". Ci sono quindi delle differenze sul ruolo dello studio e dell'approfondimento dottrinale, sul modo di intendere la povertà (celebri le dispute su questo tema tra i due Ordini nei primi decenni di vita) e lo stesso stile di "fraternità" evangelica e apostolica. Tuttavia le somiglianze e i punti di contatto sono ugualmente non trascurabili ed è probabile che Francesco e Domenico abbiano avuto modo di conoscersi durante le rispettive visite a Roma per l'approvazione dei due Ordini (non a caso l'iconografia presenta spesso l'abbraccio tra i due in segno di fraternità e amicizia). A riscontro di ciò ancora oggi, nelle città dove si trovano insieme i due Ordini, la messa in onore di S. Domenico (l'8 agosto) è in genere presieduta da un frate minore, e quella di S. Francesco (il 4 ottobre) da un domenicano. 

A me piace poi citare quest'aneddoto riferito al grande teologo e medievista del XX sec. M. D. Chenu, O.P.,che ho ascoltato nel nostro convento di Saint-Jacques a Parigi, da parte di chi ha avuto modo di conoscerlo personalmente: che cioè Chenu ripetesse non di rado ai suoi confratelli "se non avete almeno un 20% di francescano in voi, non siete veri domenicani; e allo stesso modo ai Minori dicesse "se non avete almeno un 20% di domenicano in voi, non siete veri francescani". 

Mi sembra che questo episodio rispecchi abbastanza bene l'amicizia e fraternità tra le due Famiglie, che la tradizione agiografica e iconografica ci ha consegnato, e anche un po' la mia esperienza personale (il santo di cui porto il nome era un frate Minore e sono stato ordinato presbitero in una chiesa retta dai Minori).


Beato Angelico, incontro tra San Francesco e San Domenico


Secondo un'antica leggenda Domenico diede vita alla pratica della recita del Santo Rosario. Il nostro santo ha utilizzato questa pratica come antidoto per combattere le svariate eresie che si diffondevano nell'Europa del tredicesimo secolo. Oggi la preghiera del Rosario si è diffusa in tante parti del mondo e sembra essere stata incoraggiata dalla Madonna in tutte le più importanti apparizioni mariane degli ultimi secoli. Può approfondire questo aspetto? Quale importanza riveste all'interno dell'ordine Domenicano la recita del santo rosario?

-L'immagine della "Madonna del Rosario", che porge la corona a Domenico e Caterina da Siena è molto diffusa e popolare nell'iconografia, a testimonianza della devozione mariana che l'Ordine ha avuto sin dal principio e in particolare del suo ruolo nella diffusione e "istituzionalizzazione" di questa pratica. 

L'uso di sostituire i 150 salmi del Salterio con le 150 Ave Maria era già diffuso nei monasteri intorno al X sec., soprattutto per quei religiosi che non avevano ricevuto istruzione adeguata per accedere ai libri della Liturgia delle Ore. Il ruolo dell'Ordine dei Predicatori è stato piuttosto quello di diffondere tale pratica mediante la predicazione ai fedeli e di darle assetto istituzionale stabile, mediante la creazione di Associazioni (Confraternite) finalizzate alla recita del Rosario. 

La prima Confraternita del Rosario è opera del domenicano francese Alain de la Roche nel 1470, che vede nella meditazione dei misteri della vita di Cristo accompagnata dalla recita delle "Ave" una pratica che possa risponde alle esigenze spirituali del suo tempo. L'Ordine assume fin da subito la cura e la diffusione di queste Confraternite, al punto che uno storico domenicano come Hinnebusch ha potuto scrivere che "l'Ordine può chiamarsi a ragione 'Ordine del Rosario'", perché ha fatto uscire questa pratica dagli ambienti strettamente monastici per renderla una devozione universalmente diffusa tra i fedeli. 

In effetti ancora oggi il Rosario è parte integrante dell'abito dei frati e delle monache O.P., nonché tema ricorrente nell'iconografia di tante chiese e ambienti domenicani (basti pensare al ciclo di affreschi del chiostro di Santa Maria sopra Minerva, in Roma),così come esistono tante associazioni di fedeli (come quella del "Rosario Perpetuo" con sede a Firenze) per la recita del Rosario. 

Ciò che colpisce è una certa diffusione della pratica e delle iscrizioni alle Associazioni del Rosario anche tra le nuove generazioni, e ciò a testimonianza del carattere squisitamente cristologico ed evangelico di tale pratica, come ha sottolineato papa Paolo VI nella "Marialis cultus".


La Madonna del Rosario consegna la Corona a San Domenico e a Santa Caterina da Siena


Si racconta che "Domenico "parlava con Dio o parlava di Dio". Può farci comprendere meglio questo aspetto della personalità di S. Domenico?

Si tratta di una bella espressione utilizzata nel Libellus de initio Ordinis Praedicatorum dal suo primo biografo, il B. Giordano di Sassonia, che ne diverrà anche successore alla guida dell'Ordine. Una formula elegante (e suggestiva), che non si limita però a vuoto artificio retorico, ma restituisce piuttosto un tratto tipico del carisma e della personalità spirituale di Domenico: quella feconda tensione tra vita contemplativa e vita attiva a cui accennavo prima. 

"Il giorno lo dedicava al prossimo, la notte a Dio"; "Durante il giorno, nessuno più di lui si mostrava socievole con i frati o con i compagni di viaggio [...] Viceversa, di notte, nessuno era più assiduo di lui nel vegliare in preghiera", 

sono altre formule equivalenti per esprimere questa relazione colloquiale con Dio che prosegue nell'amorevole missione di annuncio della sua Parola, e viceversa l'orazione personale come "luogo" in cui effondere la sua tenerezza e sollecitudine apostolica. 

Una tensione feconda che ha voluto riversare nell'Ordine stesso da lui fondato: non un Ordine monastico, né una Società di vita apostolica, ma un Ordine di Predicatori, in cui però il servizio della Parola e del Vangelo hanno uno stile specifico, devono scaturire "dall'abbondanza della contemplazione", come recita la nostra Constitutio Fundamentalis.
 

Interno della Basilica di Santa Maria sopra Minerva, Roma



Nelle svariate opere che l'arte ci ha consegnato sulla figura di Domenico egli è raffigurato con un libro in mano, segno dell'importanza dello studio della Parola di Dio e della cultura, e un giglio, simbolo di castità e devozione alla Madonna. Viene anche raffigurato con un cane che regge tra i suoi denti una fiaccola accesa. Può farci comprendere meglio il significato di questa specifica iconografia?

- L'immagine ci rinvia ancora una volta al Libellus de initio Ordinis Praedicatorum e al B. Giordano di Sassonia, che narra di un sogno fatto dalla madre di Domenico Giovanna d'Aza, in cui il nascituro è rappresentato da un "cagnolino, il quale, tenendo in bocca una fiaccola ardente, una volta uscitole dal grembo, sembrava dar fuoco a tutto il mondo"

Un "luogo comune" senz'altro dell'agiografia medievale (lo si ritrova ad esempio a proposito della vita di s. Bernardo o di s. Giuliano di Cuenca), ma che esprime bene lo zelo e ardore di Domenico nel suo servizio al Vangelo, nonché il particolare ruolo dell'approfondimento e dello studio nell'esercizio della missione (la fiaccola riscalda e illumina...) e che quindi è diventato nell'iconografia uno dei simboli stessi dell'Ordine (insieme allo stemma stilizzato in bianco e nero, che riprende i colori dell'abito). 

A questi due elementi si aggiunge un altro simbolismo, a cui rinvia il gioco di parole nella denominazione latina dell'Ordine (Dominicanes), che allude a coloro che per missione ecclesiale assumono un ruolo di protezione e cura della fede del gregge: Domini-canes, "cani del Signore". Pensando un po' a questo gioco di parole, ma in realtà anche per l'esigenza (molto pratica) di utilizzare un nome diverso per i nostri social da quello scelto dalle altre due Province domenicane italiane, come Domenicani dell'Italia Centrale abbiamo pensato qualche anno fa di chiamare scherzosamente proprio così il sito della nostra Provincia, Dominicanes...


San Domenico e la simbologia Domenicana


I frati domenicani sono chiamati a vivere umilmente nel mondo, tuttavia essi sono portatori di una grande cultura poiché dedicano molto tempo allo studio e alla preghiera. Potrebbe spiegarci quali sono le caratteristiche fondamentali della spiritualità domenicana?

- Nella sua attività di predicazione nel sud della Francia accanto al vescovo Diego, Domenico comprese la necessità di un Ordine che potesse coniugare mobilità apostolica e slancio missionario con un'adeguata formazione spirituale e dottrinale adeguata nello svolgimento della missione. 

Gli Ordini monastici fino allora esistenti (tra cui i Cistercensi) non rispondevano a tali caratteristiche, data la stabilità residenziale che li legava di fatto al Monastero di origine, la vocazione specifica legata principalmente al culto e al "servizio divino" (Opus Dei) più che alla missione, e un'attività di lavoro a prevalente dominanza dell'impegno manuale. L'istituzione a cui pensava Domenico (il fatto che un progetto più o meno simile circolasse in ambienti ecclesiali come il clero tolosano non sminuisce in nulla la grandezza della sua opera di Fondatore) doveva innovare su tutti i fronti: un Ordine non più legato a un luogo, ma itinerante; non più esclusivamente contemplativo, ma chiamato a riversare i frutti della contemplazione nell'attività di predicazione e insegnamento (mi viene in mente qui la bella espressione di don Tonino Bello "contemplattivo" con due 't'); non più incentrato sul lavoro manuale, ma piuttosto sullo studio e sulla formazione (novità assoluta per la vita religiosa del tempo) a supporto specifico della missione. 

A ciò si aggiungeva (almeno agli inizi) la novità della povertà mendicante, rispetto alle proprietà terriere normalmente possedute dai monasteri. In questa intuizione germinale ci sono i diversi elementi della spiritualità domenicana mantenutisi nel tempo e ben illustrati dalla vita di tanti uomini e donne che hanno camminato alla scuola di Domenico. 

Un fine specifico (la "Predicazione"), ma che deve sgorgare dall'equilibrio di tutti gli elementi voluti dal Fondatore e che egli stesso ha incarnato per primo nel suo arco biografico. Fr. Timothy Radcliffe, già Maestro dell'Ordine negli anni '90, parlava dei diversi elementi della spiritualità domenicana come di un "ecosistema", alludendo con ciò alla necessità della salvaguardia di ognuno di essi per la permanenza del tutto, espressione che piace anche a me richiamare. Una tensione che introduce nella spiritualità domenicana una innegabile dimensione di complessità, che poi è in fondo la stessa della vita cristiana in generale. Direi che la famosa espressione attribuita a papa Giovanni XXII ("datemi un religioso che osserva perfettamente le Costituzioni dei Frati Predicatori e ve lo canonizzo senza bisogno di miracoli"), al netto di intenti apologetici o riduzionismi banalizzanti, può essere letta forse proprio in quest'ottica.


Padre Daniele Aucone (al centro), insieme ai confratelli  



Secondo Lei che cosa può dire ancora oggi ai giovani un uomo come Domenico vissuto più di sei secoli fa?

La chiamata che Domenico ha avvertito come rivolta a sé e che rispondeva a uno specifico bisogno della Chiesa del suo tempo è la missione stessa di Cristo trasmessa agli apostoli: "assunse l'ufficio del Verbo", dice di lui una figlia spirituale illustre come S. Caterina da Siena. E' "la passione dell'annuncio" (per citare il titolo di un libro di Jean-René Bouchet), il servizio della predicazione verbo et exemplo, e legato quindi a uno stile di vita apostolico includente la vita fraterna in comunità, la celebrazione liturgica, lo studio e l'approfondimento personale del mistero rivelato. Nonostante gli otto secoli che ci separano ormai da lui, si può dire che la sua ricchezza spirituale e carismatica sia ancora lontana dall'essersi esaurita, proprio perché radicata in una sorgente profonda, cioè la vita stessa evangelica e apostolica. Non è un caso che nella sua lettera "Praedicator Gratiae" scritta durante il giubileo per l'800° anniversario della morte del santo castigliano (1221-2021), papa Francesco lo abbia indicato come modello non solo ai membri della Famiglia Domenicana, ma "a tutti i battezzati", riferimento sicuro anche per la Chiesa del nostro tempo. E in effetti mi sembrano tanti gli aspetti di attualità e interesse che la sua personalità riesce ancora ad esprimere: la sua spiritualità profonda e incarnata, con la sua ricchezza espressiva di tenerezza e gioia, la sua preghiera sempre impregnata di compassionevole sollecitudine per i bisogni spirituali e materiali degli altri,l'aver ideato un Ordine come piccola cellula ecclesiale includente uomini e donne, sacerdoti e laici, capaci di vivere una sorta di convivialità delle differenze (l'Ordine non si è mai diviso...) e di collaborare per la missione. Non meno attuale mi sembra la sua attenzione al mondo femminile aliena da qualsiasi forma di atteggiamento patriarcale o di dominio, ma anzi ispirata a un autentico stile sinodale che può essere fonte di ispirazione anche per il cammino della Chiesa di oggi. A tal proposito mi sembra particolarmente significativa una memoria liturgica che celebriamo nell'Ordine il 28 settembre: quella di S. Giordano Ansalone e compagni martiri. Si tratta di un gruppo di uomini e donne, presbiteri e laici, di diversa nazionalità, e legati tutti in diverso modo alla Famiglia Domenicana, martirizzati in Giappone nel XVII sec. e canonizzati da Giovanni Paolo II. Un bell'esempio di comunione missionaria e di sinodalità (direi) nella più alta testimonianza della fede.
 

Santa Caterina da Siena


Padre Aucone oggi viviamo in una società che fa fatica ad ascoltare e non è disposta alle volte a sentire la Parola, la predicazione. Quale può essere ancora il ruolo dell'Ordine dei Predicatori in un mondo dell'immagine, dove non si vuole forse accettare la fatica dell'apprendimento costante e silenzioso?

- Già più di cinquant'anni fa Guy Debord parlava di "società dello spettacolo" con riferimento a questa ricerca compulsiva di visibilità integrale per ogni aspetto o sfera dell'esistenza, con il risultato di una progressiva erosione della stessa distinzione pubblico/privato, fenomeno che poi si è intensificato ulteriormente nell'era digitale e socialLa distorsione narci-consumistica dell'immagine non deve però farcene dimenticare l'aspetto genuino, legato a un possibile uso sapiente e educativo, anche sul piano della predicazione e della condivisione della fede. Il mistero dell'Incarnazione (tema molto caro a S. Domenico) quale accoglienza di un Verbo che si è reso visibile venendo in mezzo a noi, orienta già una riconciliazione e complementarietà tra la dimensione della parola-ascolto e la sfera dell'immagine-visione. 

Non a caso la difesa dell'arte e delle immagini è sempre stata molto a cuore alla Chiesa, sia per la dimensione intrinsecamente incarnata della fede cristiana (Conc. Nicea II), sia per la funzione pedagogica dell'arte nell'ottica di un'educazione al bello, la via pulchritudinis come scuola di catechesi e contemplazione dei misteri. 

Direi che anche l'Ordine di S. Domenico si inserisca a pieno titolo in tale orizzonte di missione ecclesiale con il suo ricco patrimonio artistico e culturale e con tante figure della sua storia che hanno fatto della predicazione mediante l'arte una missione specifica: penso ovviamente al B. Angelico, proclamato patrono degli artisti da Giovanni Paolo II (1984), o ad altri artisti meno noti come il maestro vetraio B. Giacomo da Ulm o gli architetti fr. Ristoro da Campi e Sisto da Firenze, a cui si devono i progetti originari delle basiliche di Santa Maria Novella in Firenze e Santa Maria sopra Minerva in Roma. Il tutto senza dimenticare la predicazione mediante la parola o lo scritto, ma cercando appunto di integrare i due aspetti ("Il Cattolicesimo"- diceva Karl Barth- "è et-et", cioè integrazione e complementarietà).



L'Ordine Domenicano annovera tra i suoi membri figure di altissimo livello sia teologico che mistico: S. Tommaso d'Aquino, Santa Caterina da Siena... e Santa Caterina d'Alessandria come sue Patrona e Protettrice.

Il motto di S. Tommaso, poi, ha ispirato tante donne e uomini all'interno della Chiesa:

"Contemplata aliis tradere" (trasmettere agli altri ciò che si è contemplato).

Quale importanza rivestono queste grandi figure all'interno dell'Ordine Domenicano e qual è il contributo che hanno dato per la crescita spirituale della Chiesa Universale?

- L'espressione "contemplari et contemplata aliis tradere" (contemplare e condividere con gli altri i frutti della contemplazione) coniata da S. Tommaso d'Aquino è divenuta abbastanza celebre ed è uno dei motti che l'Ordine utilizza per esprimere la sua spiritualità e la sua missione. Tuttavia vale la pena richiamare il contesto in cui Tommaso fa ricorso a questa formula. Siamo nella parte cristologica della sua opera più conosciuta (la Summa Theologiae, un'esposizione organica e riflessiva di tutto il mistero cristiano nei principali nuclei e contenuti in cui si articola), in cui l'Aquinate considera, dopo il mistero dell'Incarnazione, le tappe principali della missione e vita pubblica di Gesù. 

La q. 40 della III Pars è dedicata a un'interessante riflessione sullo stile di vita fraterno e conviviale adottato dal Nazareno ("Il modo di vivere di Cristo"), rispetto all'esistenza solitaria e ascetica scelta ad esempio dal Battista; uno stile che è in linea con la finalità stessa dell'Incarnazione, cioè quella di avvicinare l'uomo a Dio. L'espressione si trova utilizzata in tale ambito per sottolineare che lo stile di vita di Gesù non era meno "perfetto" di quello solitario scelto da Giovanni, anzi lo era maggiormente, perché il suo ministero pubblico non era interruzione di vita contemplativa, ma "contemplazione condivisa", cioè trasmettere e effondere sugli altri, mediante la predicazione e l'insegnamento, la stessa "luce divina" (per dirla con il titolo di un libro di Piero Coda su questo tema). La formula, che è diventata poi uno dei motti per esprimere il carisma di Domenico e dell'Ordine da lui fondato (insieme ad altri come Veritas o laudare, benedicere, praedicare), ha dunque una connotazione squisitamente cristologica, nel senso che riflette lo stile di esistenza scelto dal Nazareno nella sua vita pubblica, fatto di dialogo continuativo con il Padre e di condivisione mediante la Parola e l'annuncio. Direi che tutte le grandi figure dell'Ordine (da Tommaso stesso a Caterina, da Alberto Magno al Beato Angelico o all'umile S. Martin de Porres) hanno vissuto in questa "scia spirituale" del padre Domenico, che poi è la sintesi della stessa vita cristiana. Una luce che passa come attraverso un prisma per rifrangersi in figure assai diverse per i contesti storici e ambientali in cui hanno operato o per i "codici espressivi" attraverso cui hanno annunciato il Vangelo. In ciò mi sembra esserci una perenne fecondità della tradizione spirituale e teologica dell'Ordine per tutta la Chiesa. 
 

S. Tommaso d'Aquino 


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La nostra Redazione lavora per diffondere un piccolo seme di Cultura della Speranza in un mondo che oggi sembra averla persa.

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L'invito a "non lasciarsi rubare la speranza" in questo tempo di disorientamento e fatica (specie in Occidente) è stato uno dei messaggi-chiave di papa Francesco fin dall'inizio del suo ministero petrino e io stesso ho voluto dedicare la mia tesi di Dottorato in teologia al tema della speranza cristiana nel nostro "oggi". 

Mi sembra quindi che l'idea di un Blog che "parli di speranza" (personalmente lo seguo via Twitter) si collochi fecondamente in questa scia e ringrazio per l'opportunità di questa testimonianza personale. Un saluto e accompagnamento fraterno nella preghiera a tutti i lettori (e... scrittori) di questo spazio, con invito a fare lo stesso per me e per l'Ordine o di inviare almeno (come ha detto scherzosamente papa Francesco) "ondate positive".



Per approfondire:


DANIELE AUCONE*

Domenicano della Provincia Romana di S. Caterina da Siena, vive nel convento di Santa Maria sopra Minerva in Roma. È docente di Teologia presso la PUST (Pontifical University of Saint Thomas Aquinas - Angelicum) e la LUMSA, Maestro degli studenti e vice-rettore della basilica di Santa Maria sopra Minerva.


DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena




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