Articoli Francesco, Mario e Anna


Trova il tempo di seguire la stella,

di metterti in cammino

6-01-2021
di Francesco Domina 

Gentile da Fabriano, L'Adorazione dei Magi


     "Siamo andati avanti così rapidamente in tutti questi anni che ora dobbiamo sostare un attimo per consentire alle nostre anime di raggiungerci". (Michael Ende, La storia infinita dalla A alla Z)

Oggi, solennità dell'Epifania, si ricorda l'arrivo a Betlemme dei Re Magi, venuti dall'Oriente per adorare il bambino Gesù.

I Magi trovano il tempo di mettersi in cammino, di seguire la stella, abbandonano le loro attività quotidiane per trovare momenti significativi da dedicare al bambino che nasce, al Salvatore del mondo. In un periodo in cui gli uomini si rincorrono l'un l'altro senza trovare mai il tempo da dedicare alle proprie anime, al proprio cammino interiore, i Magi ci insegnano a trovare i giusti momenti da dedicare alla vita dello spirito, alla nostra interiorità, alla cultura, alla crescita personale e comunitaria.

Oggi, infatti, come scrive Michael Ende nella "Storia infinita", siamo andati così avanti, anche nell'ambito tecnologico, che dobbiamo sostare un attimo per permettere alle nostre anime di raggiungerci.
 



Edith e John, una storia d'amore
3-01-2021
di Francesco Domina 

     

     "Sulla tomba di J.R.R. Tolkien e sua moglie si leggono i nomi dei protagonisti del suo racconto più bello, Beren e Lúthien, perché non c'è mito più vero di una storia d'amore, nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non li unisca.

Le tombe in cui la lapide riporta i nomi dei due amanti appaiati sconfiggono il luogo comune che si muore da soli. Che si muoia da soli è vero, perché nessuno può farlo al posto nostro, ma è anche vero che c'è chi riesce a morire mano nella mano, creando una terra a metà tra il mondo di qua e quello di là".(Alessandro D'Avenia, Ogni storia è una storia d'amore, Mondadori, Milano 2019, p. )

Il 3 gennaio del 1892, a Bloemfontein, in Sudafrica, veniva al mondo John Ronald Reuel Tolkien, uno degli scrittori che ha lasciato un segno nel panorama lettetario e cinematografico a livello mondiale.

Oggi vorrei ricordarlo attraverso la figura femminile piu' cara al nostro autore: Edith, la moglie.

Per fare questo ho preso spunto da uno scritto tratto dal testo di Alessandro d'Avenia "Ogni storia è una storia d'amore", dove si parla, appunto, della storia d'amore di Tolkien con sua moglie Edith.

La vita di Tolkien è stata molto travagliata perché è rimasto orfano prima di padre, in tenera età, e poi di madre, a dodici anni. Il padre, Arthur Reuel, era discendente di un sassone immigrato in Inghilterra, apparteneva ad una ricca famiglia di costruttori di pianoforti e successivamente si trasferì in Sudafrica per intraprendere l'attività bancaria.

Arthur, a trentaquattro anni, sposò presso la cattedrale di Città del capo la fidanzata, Mabel Suffield, che aveva solo ventuno anni ed era arrivata dall'Inghilterra da poco tempo. Dal loro matrimonio nacquero Ronald e il fratello Hilary. A causa del clima africano Mabel e i due bambini ritornarono in patria. Arthur prima di raggiungere la sua famiglia si ammalò e morì. I bambini furono quindi allevati dalla madre e Ronald, a quattro anni, grazie a lei, sapeva già leggere e scrivere.

La mamma di Ronald si era convertita al Cattolicesimo e per questo era stata abbandonata dai suoi parenti, che erano protestanti. A causa delle ristrettezze economiche che dovette affrontare, si ammalò di diabete, trascorse poi un periodo in ospedale e quando Ronald aveva dodici anni morì.

I ragazzi, prima della morte, furono affidati dalla madre a Padre Francis, un sacerdote cattolico. A sedici anni, Ronald, insieme al fratello, fu portato da Padre Francis nel collegio gestito da una certa Signora Faulkner, perché lì la compagnia era più adatta a dei ragazzi. Fu in questo luogo che il nostro scrittore conobbe e si innamorò di Edith Bratt, anche lei orfana e più grande di lui di tre anni. La ragazza ricambiò il suo sentimento e si innamorò del giovane Ronald, ma Padre Francis decise di trasferire il ragazzo in un altro collegio perché temeva che Tolkien smettesse di studiare e non riuscisse a vincere la borsa di studio per Oxford.
Dopo il compimento di ventun'anni, Tolkien scrisse alla sua amata Edith, esprimendogli l'intezione di sposarla: egli non l'aveva dimenticata. La giovane, dopo un breve periodo, anche perché era già fidanzata, acconsentì al matrimonio.

Dopo essersi laureato a pieni voti, Tolkien si arruolò nell'esercito per andare a combattere nella prima guerra mondiale. Al suo ritorno, nel mese di marzo del 1916, sposò Edith. Dopo poco tempo Ronald fu richiamato in Francia, in battaglia e qui vide spezzarsi la vita di tanti suoi amici e compagni universitari. Questa fu la sua ultima battaglia perché a causa di una malattia fu rimandato in patria e poté così riabbracciare la moglie.

Dopo la nascita del suo primogenito, John Francis, nel novembre del 1917 Tolkien dedicò alla moglie Edith la più romantica delle sue leggende: l'amore sbocciato tra la bellissima ed immortale elfa Lúthien e Beren, un uomo mortale (antenati di Aragorn e Arwen).

Dopo la fine della guerra Tolkien ritornò ad Oxford e lì, nel 1920, nacque il suo secondogenito, Michael Hilary. Nel 1924 nacque Christopher, il terzo figlio e poco dopo Tolkien divenne titolare della cattedra di Anglosassone all'Università di Oxford. Edith morì all'età di 82 anni e Tolkien fece incidere sulla lapide della sua amata il nome elfico Lúthien . J.R.R Tolkien morì il 2 settembre del 1973, all'età di 81 anni, e venne sepolto accanto alla moglie Edith nel cimitero di Wolvercote nei pressi di Oxford: sulla lapide, accanto al suo nome, fu anche inciso il nome elfico di Beren.


 


Il "giudice ragazzino" sarà presto Beato

25 - 12 - 2020

di Anna C.

Rosario Livatino

 

     Giorno 23 dicembre 2020 alcune testate giornalistiche hanno riportato la notizia della beatificazione di Rosario Livatino, chiamato il giudice ragazzino anche perché ad appena ventisei anni era diventato magistrato.

Ma chi era Rosario?

Il giorno in cui entrò in magistratura appuntò nella sua agenda queste parole: "Oggi ho prestato giuramento: da oggi sono in magistratura. Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l'educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige" (18 luglio 1978).

Il magistrato Livatino era un grande credente: da persona semplice, che non amava mettersi in mostra, incorruttibile, giusto e senza manie di protagonismo, è stato coerente e in grado di adempiere i propri doveri nella sua quotidianità.

Ogni mattina prima di recarsi in tribunale entrava nella chiesa di San Giuseppe per pregare e affidare la propria giornata sotto la protezione di Dio. Infatti, il suo motto era "Sub Tutela Dei" (Sotto la tutela di Dio), che annotava sempre a conclusione dei suoi scritti nella sua agenda personale.

Rosario Livatino ha saputo coniugare la propria fede con il lavoro che svolgeva quotidianamente: nella fedeltà ai suoi principi, nella sua capacità di sacrificio, nella moralità e trasparenza della sua condotta, nel luogo di lavoro e nella sua vita privata.

Egli non volle mai la scorta, per non mettere in pericolo "altri padri di famiglia" e guidava personalmente, per andare a lavoro, la sua piccola utilitaria, una Ford Fiesta rossa. Di fronte ai suoi sicari pronunciò queste parole: "Picciotti, che cosa vi ho fatto?".

Salvatore Insenga, cugino del magistrato racconta: "Non c'era differenza tra il ruolo di giudice e quello del cugino, era una persona seria e precisa, sia nel lavoro che nella vita affettiva e con i suoi genitori e i parenti era un uomo buono e accogliente. Era sempre pronto a mettere la buona parola, era un uomo di pace".

Livatino ripeteva: "Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili".

L'Arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, parlando della figura del giudice Rosario Livatino afferma: "Il nostro luogo di lavoro può e deve diventare il luogo dove noi possiamo esprimere il culto della vita, di una vita di testimonianza e anche di servizio...".

Anche il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento commenta: "Nella vita Livatino ha incarnato la beatitudine di quelli che hanno fame e sete della giustizia e che per essa sono perseguitati. Con una coscienza profondamente libera dall'asservimento e dai compromessi con i poteri forti di turno, caratterizzata da un'altissima levatura morale e da uno spiccato senso del dovere".

Rasario Livatino ha creduto nei valori cristiani e umani fino a dare la vita.

Oggi la nostra società contemporanea, sull'esempio del giudice Rosario Livatino, il quale era consapevole che "lo scegliere e' una delle cose piu' difficili che l'uomo sia chiamato a fare",ha bisogno di "credenti credibili", che sappiano coniugare la loro vita di Fede alla professione che svolgono, illuminati e guidati dalla Parola di Dio.




 IL BEATO CARLO ACUTIS.                            
 
Giovane costruttore di speranza 
22-12-2020

 di Francesco Domina
 

     
     Sono passati poco più di due mesi da quando il giovane Carlo Acutis, il 10 ottobre ad Assisi, è stato proclamato Beato. Il ricordo di quelle immagini, trasmesse alla Tv,  è ancora vivido e impresso nella nostra mente. Assisi, città natale di San Francesco, ha visto l'incontro di due figure che hanno in comune la ricerca della semplicità e dell'umiltà: l'uno e l'altro protesi verso la sequela di Cristo.

A distanza di quasi ottocento anni dalla morte di San Francesco qual è il messaggio che oggi il nuovo Beato consegna all'intera umanità?

Carlo ha fatto riscoprire a tutti noi la bellezza della preghiera, il fascino dell'Eucarestia, la grazia dei sacramenti e che la via dello spirito non è un fatto del passato, medievale, ma è una scoperta, una via da seguire nel nostro presente.

Il nostro nuovo Beato ha preferito la via dell'umiltà e della semplicità alla ricerca della ricchezza; la via della Carità verso i poveri all'indifferenza che oggi, certe volte, si vive nelle grandi metropoli.

Carlo ci insegna anche che l'utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione, come internet, non può prescindere da un sano e corretto uso di queste nuove tecnologie, che racchiudono in sé grandi potenzialità di bene.

Egli, in tutta la sua breve esistenza, ha lavorato, accompagnato dalla grazia, ad un progetto personale: la propria santità.


PREGHIERA

AL BEATO CARLO ACUTIS


Caro Carlo, amico dei poveri e degli ultimi! 

Come Sentinella del mattino veglia su questa umanità.

Con il tuo sguardo acuto accompagna i giovani nelle  scelte della vita e nella loro vocazione personale.

Caro Carlo proteggi l'umanità intera dai pericoli dell'anima e del corpo e come tu viaggiasti nei sentieri virtuali del mondo di internet, così accompagna i giovani nell'utilizzo di questi nuovi mezzi di comunicazione di massa, affinché, secondo il tuo esempio, possano essere strumenti e veicolo di salvezza.

Tu che ora dal cielo contempli e adori il volto di Cristo crocifisso e Glorioso fa che anche noi possiamo riscoprire nella Santissima Eucaristia,  "l'autostrada per il cielo", il cibo che ci sfama e ci conduce alla vita eterna, il Corpo e il Sangue incorruttibile del nostro Signore Gesù Cristo.
Così sia.                                                                                                                   Domina Francesco




Lettori e scrittori

COSTRUTTORI DI SPERANZA

di Francesco Domina
 

     Attraverso la scrittura le donne e gli uomini esprimono e comunicano i propri sentimenti, le proprie emozioni, ma anche i propri dolori.
Alle volte non è facile mettere per iscritto il proprio cammino interiore, il proprio vissuto esistenziale.

Tuttavia, se "ogni vita merita un romanzo", come acutamente annotava Gustave Flaubert, il raccontarsi può essere anche liberante e terapeutico: ogni vita merita di essere raccontata!

Narrare la propria storia, il raccontarsi non è solo ad appannaggio di un determinato gruppo di persone, ma ogni vita è un intreccio di vicende unico e irripetibile; ogni attimo della nostra esistenza è come una pagina da sfogliare in questo magico libro che è la vita.

Questo non vuol dire che tutti debbano scrivere la propria biografia, ma che il lettore si può riconoscere nella storia narrata da uno scrittore.

È per questo, quindi, che essere lettori e scrittori costruttori di speranza equivale a ricercare il senso delle cose, per riscoprire anche nel dolore un barlume di speranza. Poiché anche in una sconfitta si può celare un'insospettabile occasione di crescita.

La Speranza, il suono di questa parola, in tutto questo turbinio di eventi, può davvero fare la differenza.







L'accoglienza del diverso
8-12-2020 

di Francesco Domina


     "...È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo. Sei una Gabbiana e devi seguire il tuo destino di Gabbiana. Devi volare. Quando ci riuscirai, Fortunata, ti assicuro che sarai felice, e allora i tuoi sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l'affetto tra esseri completamente diversi". "Volare mi fa paura" stridette Fortunata alzandosi. "Quando succederà, io sarò accanto a te" miagolo Zorba leccandole la testa. "L'ho promesso a tua madre". La gabbianella e il gatto nero grande e grosso iniziarono a camminare. Lui le leccava teneramente la testa, e lei gli copriva il dorso con una delle sue ali tese". ( Luis Sepúlveda, Tutte le favole, Il Sole 24 ore, Milano 2020, p. 119)


     Con questo suggestivo e toccante racconto, tratto dalla favola "Storia di una gabbianella e del gatto che gli insegnò a volare", il compianto scrittore Luis Sepúlveda ci regala una tra le più belle descrizioni che sia stata fatta sull'accoglienza del diverso.
Fortunata, la piccola gabbiana, dopo aver perso la mamma, si ritrova ad essere allevata da Zorba, un gatto grande, grosso e nero, e da una compagnia di gatti del tutto singolare...